
URBAN FLOW EXPERIENCE
Infinite suggestioni urbane.
Cinque sensi.
Un flusso di esperienze.
Oggi la luce che entra dalle finestre del mio studio è molto luminosa. Il fascio di raggi solari si accende come un riflettore sulla danza in slow-motion delle particelle di polvere. Mi fermo per osservare il movimento e cerco dargli un ritmo diverso aiutandomi con i palmi. Poi mi guardo le mani e mi viene in mente il detto della luna e del dito. Le fisso e ne osservo i dettagli – deformazione professionale. Le dita: sono filo conduttore col mondo. Le falangi: traducono il pensiero in movimento. I polpastrelli: sono la nostra firma. Le nocche sono i promontori, le vene i corsi d’acqua, e il palmo mi pare un mare increspato. Attraverso il /tatto/ le mani creano, toccano, aggiustano, amano. Così – ora mi è chiaro – le mani sono luoghi e sono linguaggi, sono carezze e sono pugni, sono accoglienza e sono rifiuto, sono informazioni e sono formazioni. Le mani sono una storia, la nostra.
FLUSSO
/flùs·so/
In senso proprio, scorrimento di un liquido o altro fluido su una superficie o attraverso un determinato condotto e, con valore concreto, la quantità stessa di liquido ecc., che fluisce. In senso figurato, movimento continuo di persone o cose (anche astratte) che susciti l’immagine dello scorrere.
Ci è bastato vedere per riconoscerci. Eravamo io e tu. Io e me stessa. Eravamo noi. Vedere è quell’azione che nasce ogni qual volta spalanchiamo gli occhi. Vedere è anche quando quegli stessi occhi li richiudiamo e cominciamo a sognare. Possiamo illuderci ma quando decidiamo di vedere, scegliamo di mescolarci con il mondo, di diventarne parte, energia, sospiro, paura, sentimento. Ci facciamo immagine l’uno con il suo io, l’uno con il suo altro. Una piccola rappresentazione della realtà che è destinata ad essere parte di qualcosa di più grande. E allora riesco a comprendere, come nell’arco di una vita, i nostri occhi siano destinati a guardare al secondo, infinite e infinite quantità di particelle. Ma di quella moltitudine riusciremo a vedere davvero soltanto nell’istante esatto in cui la /vista/ e il sentire si congiungeranno fino ad arrivare alla parte sinistra del tutto.
Ti ho intravista sai? Anche se siamo sempre a contatto, a volte ti perdo e non me ne accorgo nemmeno. Non sei né più né meno che un’amante. Va a finire che ti odio, che ti amo, che ti ignoro, che ti accolgo, che mi scoppi dentro e ti aggrappi a me come un’edera col suo albero. Sei il veleno e il suo rimedio insieme. Però ogni tanto, quando sono più concentrata su di me e ti perdo di vista, poi ti riconosco nella persona seduta di fronte a me sul tram, in una mostra, in un viaggio, in una canzone o in un libro. Ti trovo persino nelle parole di uno sconosciuto, nel sorriso di un passante. Un frammento di te l’ho raccolto nelle chiacchiere da bar. Se non sbaglio ho riconosciuto anche il tuo profumo in un’altra città e avevi il sapore buono di un cocktail. Quando ti riconosco anche il traffico, convulso e a tratti isterico, diventa confortante. Se mi perdo e poi ti scrivo, ti dipingo, ti fotografo, finalmente mi ritrovo.
Sei tu la mia città.
Siamo la terra e il caos assieme. Siamo forma e sostanza che corrono veloci tra i rumori violenti di questa città. Siamo nei suoni delle persone che parlano lingue straniere. Siamo quegli stessi corpi che si baciano all’uscita della stazione metropolitana. Siamo persino nel temporale che ci accompagna a casa.
Ho addosso quella sensazione di perdermi continuamente in un ritmo che non è più mio ma che si aggroviglia a quello di sconosciuti. Quell’andare avanti e indietro, a passi precisi, che prima o poi sembrano coincidere con quelli di un’intera città. Mi chiedo che cosa diventerò. Non voglio marcire. Ti aspetto dall’altra parte della strada. Sento il tuo respiro che avanza e che si fa scudo con il mio. Non ci sono certezze e neppure sbagli. Si va avanti a tentativi, tra cadute e uscite di sicurezza. Io sono quella che è rimasta, frantumandosi. Chissà se un giorno mi riconoscerai in una di quelle pennellate sulla tela…
URBANO
/ur·bà·no/
Relativo alla città e alla comunità cittadina || Arredo urbano, insieme degli oggetti e delle strutture, fisse o provvisorie, disposti sul suolo pubblico e lungo le vie di comunicazione di una città, a scopo segnaletico, di delimitazione, o con altre funzioni, come semafori, recinzioni, panchine, orologi, lampioni e sim.
Incredibile. Una stretta allo stomaco. E’ incredibile quanto sia misteriosa la memoria olfattiva. A volte, odori e profumi ti arrivano dritti in mente puntando al cuore dei ricordi: densi e corposi. Immagino che probabilmente non sia il profumo in tutta la sua essenza ad arrivare ma lo sono le note di testa; ho scoperto che si chiamano così le note di profumo più volatili, quelle che ci arrivano prima ma che evaporano subito. Ci sono poi le note di cuore e di fondo, quelle che non sentiamo subito ma che si nascondono per un po’ e costituiscono l’essenza stessa del profumo perché sono quelle che permangono una volta che le note di testa si dissolvono. Ho sempre pensato che sarebbe bello poter fissare odori e profumi e poterli riprodurre in qualche modo, ho sempre pensato che la volatilità di un buon odore sia una cosa ingiusta. Mi capita a volte di lasciarmi trasportare da profumi che inaspettatamente mi riportano indietro nel tempo restituendomi volti, sguardi, colori, momenti, dettagli. Avete presente nei film? Quando qualcuno sogna o ricorda e l’immagine si fa sfocata? Mi piace concentrarmi su quel profumo per rendere l’immagine quanto più nitida e poi riporla nella mia memoria. Adesso so dove si trova.
SINESTETICO
/si·ne·stè·ti·co/
Di sinestesia, relativo a sinestesia || Sinestesia. Nella linguistica: Nel linguaggio della stilistica e della semantica, particolare tipo di metafora per cui si uniscono in stretto rapporto due parole che si riferiscono a sfere sensoriali diverse. Nella psicologia: Fenomeno psichico consistente nell’insorgenza di una sensazione (auditiva, visiva ecc.) in concomitanza con una percezione di natura sensoriale diversa e, più in particolare, nell’insorgenza di una immagine visiva in seguito a uno stimolo generalmente acustico
Creative Brooklyn
Ci sono stata, me lo hanno indicato e io, curiosa come sono, non ho potuto fare a meno di cercare quel posto che è città ma al tempo stesso non lo è. Qualcuno l’ha chiamata la Brooklyn dei creativi, con buona ragione, per me è un luogo-nonluogo. Era un pomeriggio d’autunno e l’aria non era ancora mossa come in inverno: era ferma. Mi ricordo anche che era densa e pastosa, come se si potesse afferrare con le mani per sentirne la composizione compatta. Le sensazioni hanno assunto colori brillanti man mano che camminavo e se all’inizio tendevo allo stesso grigio dei palazzi, poi ho iniziato a brillare insieme ai colori dei graffiti. Mi sorprende che una città, come una persona, abbia tante personalità. Una città, come una persona, deve sempre combattere con le sue mille sé e le sue contraddizioni per sopravvivere.
ARTE
/àr·te/
Qualsiasi forma di attività dell’uomo come riprova o esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità espressiva. Qualsiasi complesso di tecniche e metodi concernenti una realizzazione autonoma o un’applicazione pratica nel campo dell’operare e parte di una professione o di un mestiere.
LONELINESS IN NY
Sai, io la conosco bene la solitudine. Soffocante, inodore, incolore, crudele e necessaria.
Ti prende per mano e ti attraversa anche quando accanto a te ci sono mille persone. A volte sei tu a cercarla, quella cara vecchia amica. Altre volte pensi di essere condannata a convivere con lei per sempre.
La senti con la sua voce silenziosa navigarti dentro, assieme a sussulti e malinconie interiori.
Tra il ticchettio delle lancette e la macchina da caffè al suo ultimo sbuffo mi guardo attorno e inizio a inventare. Immagino: tempeste, torri, strade, persone, luci, tramonti. Un oceano urbano che mi tiene compagnia.
Se ti trascuro per un po’ è come se te ne andassi via. Ma non è vero. Così come lo scrittore, non è mai solo, nemmeno quando scrive, perché è lì che si intrattiene con i suoi personaggi, anche io non mi sento mai completamente sola. Mi basta chiudere gli occhi per un secondo, prendere un pennello e tracciare. Ed è proprio vero che in quel vuoto, mi sento così piena.
BOCCA
Mi tornano spesso in mente i ricordi di quando ero bambina, perlopiù sapori perduti nel tempo. Ne scrivo ogni tanto. A volte li confondo pure, mischiati come sono ai racconti che mi sono stati tramandati. Un profumo diventa un sapore, l’uno prende il nome dell’altro e iniziano a fare l’amore, a dichiararselo. Mi viene da sorridere a pensare ad una metafora così audace eppure così piena di amore. Sapete che gran parte di ciò che definiamo gusto in realtà deriva dalla percezione retrolfattiva? Quindi tutto sommato non esagero a pensare al gusto e all’olfatto come due amanti. Le sensazioni si confondono, si raggrumano in esperienze uniche della mente e non posso far altro che concentrarmi a coglierle. Provo a visualizzarle, ma i sensi sono ingannevoli, qualcosa mi sfugge sempre. Per fortuna.
IMMERSIVO
/im·mer·sì·vo/
Nel quale si entra completamente, rimanendone avvolti e catturati.
ORECCHIO
Si chiama Fabien, il signore che ogni giorno siede sulla panchina della stazione metropolitana della Concorde a Parigi. Tiene sulle gambe il suo giradischi ed è lui che ogni sera alle 10.45 fa risuonare la canzone preferita di Stéphanie. L’hanno ascoltata il primo giorno che si sono conosciuti e l’hanno ballata l’ultima sera prima che Stéphanie lo salutasse per sempre.
Mi fermo e rimango con lui ad ascoltare la loro canzone. Dentro di me faccio mie quelle note dolci, quella melodia sottile, quel sentire così intensamente, tanto da capire la ragione profonda che lega Fabien al suo rituale. Nell’arco della durata di quella canzone Fabien è come se ri-sentisse ancora una volta la sua amata.
L’udito/l’orecchio, dunque, ne diviene lo strumento perfetto per ri-chiamarsi ma anche per ri-vedersi, ri-toccarsi, ri-annusarsi, ri-godersi. Quella chiave giusta che armonizza ogni cosa.
UNCONTROLLED CONTROL
Ci sono giorni così affollati di persone e di storie che mi viene una smania incontrollabile di controllo. Ironico che per cercare di essere lucido tu possa perderti. In quei giorni, mi scollo un po’ dalla realtà e decido di assumere il mio ritmo. Guardo dalla finestra e li vedo: loro fuori, io dentro. La città li segue, loro seguono la città. Io, per un giorno, ho deciso di seguire solo me. Per permettere al cuore di suonare una musica tutta sua. Per buttare fuori quello che ho dentro. Per dare una forma al mio ritmo. La città nel frattempo suona la sua melodia di cuori tra estranei che non si ascoltano. Nessuno oggi è sincronizzato con il mio, ma io sono sincronizzata con me stessa.
SENSAZIONE (FEELING)
/sen·sa·zió·ne/
Ogni stato di coscienza in quanto prodotto da uno stimolo esterno o interno al soggetto || L’avvertimento di un determinato stato fisico o psichico.
VERTIGO
Pensare è una delle attività che preferisco. Non credo che io smetta mai di pensare. Anche quando mi addormento la mia mente mi porta così lontano da superare, alle volte, i miei stessi limiti. Se mi fermo o sono in movimento oppure dipingo, penso alle cose che mi fanno più paura. La paura l’ho sempre immaginata come un abisso, uno spazio nero, desertico, così profondo da perdersi. Quella sensazione di smarrimento tanto da non riuscire più a vedere i contrasti, i chiaro oscuri, le linee definite, i contorni precisi, le forme armoniche, le cromie intense. Sí, futuro così ti penso. Ed io un funambolo in bilico pronto ad attraversare quella vertigine all’infinito.
SILENZIO (SILENCE)
/si·lèn·zio/
Condizione ambientale definita dall’assenza di perturbazioni sonore. || Astensione o cessazione dal parlare.
SENSITIVITY
Mi interrogo spesso su cosa sia la sensibilità: è una parola così sfumata e tesa tra ciò che è interiore e ciò che fuoriesce. In effetti è l’attitudine a ricevere delle impressioni attraverso i sensi, come un flusso che dall’interno va all’esterno e viceversa. Per meglio comprendere cosa sia questa mia tendenza a percepire la realtà non mi basta pensare, ho bisogno di creare e di materializzare i pensieri. L’anima di un’artista è costantemente affamata e cerca un compenso materiale, colorato, formato, con uno spirito. Apofenia: cerchiamo connessioni e relazioni per dare un significato alla realtà. Ho letto che ogni opera d’arte è figlia del suo tempo e, spesso, madre dei nostri sentimenti.
PAROLA (WORD)
/pa·rò·la/
Spesso al singolare con valore collettivo, talvolta al plurale, nel senso di ‘messaggio, discorso’ , ‘manifestazione o comunicazione di un pensiero o di un sentimento, di una opinione o di un precetto’ , ‘suggerimento’ , ‘battuta di conversazione’.
I’D RATHER BE A COMMA
Di tutte le contraddizioni della vita quella che ho sempre preferito è appartenere a due città, eppure continuare a chiedermi dove sia casa. Mi chiedo soprattutto chi sono io quando sono nell’una o nell’altra. Magari sono le particelle nell’aria che si riempiono di respiri diversi e mi fanno scegliere quale personalità indossare e quando, magari è il cielo, magari sono le persone. Sarà pure il fatto di avere radici da una parte e di aver provato a metterne dall’altra, di sentirmi turista nell’una e cittadina nell’altra. Estraneità e appartenenza: non posso rinunciarvi a questo punto, mi servono entrambe. Per questo non metterò mai un punto al mio vagare, non deciderò mai chi essere in definitiva. Ho bisogno di una strada per continuare a vestire le mie mille versioni e farle esprimere tutte quante, ognuna a suo tempo oppure tutte insieme.
ENERGIA (ENERGY)
/e·ner·gì·a/
Forza, vigore fisico. || Nella filosofia di Aristotele, è l’“atto”, il principio determinante e attuante (contrapposto alla materia o principio determinabile e potenziale).
FLUORESCENT
Ti perdo e poi mi perdo. Mi raggiungo e mi dimentico. Quando mi succede mi confondo, cado e mi anniento, diventando parte di qualcosa di oscuro, impenetrabile che mi fa male ma nello stesso tempo mi permette di sentire quello che gli altri fanno fatica a comprendere. Vedere cose oltre a quelle che ci appaiono davanti. Io e il mio opposto, io e la mia parte dissonante, io e la mia nemica, che fa rumore, che è ribelle, che non sta muta, che reagisce ad ogni forza. In quel frastuono di pensieri che viaggiano alla velocità della luce si formano costellazioni che mi si attaccano addosso e che diventano, alla fine, immagini in equilibrio.
CITTÀ (CITY)
/cit·tà/
Centro abitato di notevole estensione, con edifici disposti più o meno regolarmente, in modo da formare vie di comoda transitabilità, selciate o lastricate o asfaltate, fornite di servizî pubblici e di quant’altro sia necessario per offrire condizioni favorevoli alla vita sociale.
GIRL FROM THE NORTH COUNTRY
Sei partita per cercare una nuova parte di te. Quella parte sconosciuta che immaginavi ogni volta, quando dopo l’inverno arriva la primavera. Fiorivano gli alberi ma sfiorivi tu e restavi lì nascosta tra le rovine che ti portavi dentro. Poi finalmente hai deciso di andare. Sulle tue spalle cadevano lenti i fiocchi di neve. «Non ti girare!» – ti ripetevi, mentre la tempesta ti assaliva intorno. Sei andata lontano e ancora più lontano. Il vento ti ha raggiunta e pian piano hai cominciato ad avere paura. Ti sei lasciata andare alle onde gelide di un mare in cui ti sei finalmente riconosciuta come nuova, autentica, diversa. Ti sei perduta alle volte. Dimenticata ti sei rifugiata assorta e senza voce nel tuo labirinto. Questa volta ad aspettarti non c’erano venti nuovi, c’era solo il riflesso di una te cristallizzata nel ghiaccio che chiedeva di tornare.
SUONO (SOUND)
/suo·no/
La causa delle sensazioni acustiche, consistente in vibrazioni di un mezzo (per lo più l’aria, ma anche mezzi elastici qualunque), che possono essere eccitate in esso o ad esso, trasmesse dalle vibrazioni di un corpo (sorgente sonora), e che a loro volta eccitano l’orecchio.
BLUE HUGS
Non è facile definire le emozioni certe volte, non è facile per niente. Le vivi, intense come sono, e non sai dare loro un nome, un aggettivo, un contorno. Sarà perché c’è un tempo per continuare a camminare senza definire e un tempo per fare il punto della situazione, per mettere nero su bianco. Il momento in cui la vita ti ferma diventa tutto un gioco di opposti, non puoi fare altro che dipingere la tua tela di giusto o sbagliato, di bello o brutto: il bianco fa sbiadire tutti gli altri colori, li fa ammalare, mentre il nero fa paura e mischia agli altri la tristezza. Ci sono poi quei momenti in cui sulla tavolozza i riccioli colorati giocano a rincorrersi, a compromettersi: quando è così diventa difficile distinguerli. Durante il tempo del viaggio mi sono accorta che la sua grazia un po’ scontrosa traspariva dagli occhi così scuri e belli, ma soprattutto da quegli abbracci che solo uno col mare dentro sa regalarti. Li chiamo abbracci blu.
WOMAN (DONNA)
/don·na/
Nella specie umana, individuo di sesso femminile, che ha raggiunto la maturità sessuale e quindi l’età adulta. Come in altre specie animali, anche in quella umana esiste una distinzione tra i due sessi basata sulle differenze biologiche tra l’organismo maschile e quello femminile.
YOU’RE SOMEBODY ELSE
Cadere. Perdere l’equilibrio e lasciarsi andare nel vuoto. Più semplice del morire, più semplice del restare. Ti si formano le ferite, alcune guariscono in fretta, altre non guariranno mai. È come se una parte di te se ne andasse via per sempre, cade assieme a te e si frantuma in atomi invisibili, sparsi nelle acque più profonde del veleno che hai ingerito. Ogni giorno è come se risentissi per la millesima volta il dolore della botta dopo quella inevitabile caduta. Inerme, resti muta. Gli altri continuano a camminare e tu resti lì distesa per terra, fissando la parete di vetro che ti riflette. L’iride è dilatata ed è allora che ti immergi dentro e cerchi nuovi modi per risalire in superficie.